Nel nuovo episodio di Motociclisti da Bar ho avuto il privilegio di ospitare una famiglia che rappresenta una vera colonna del motociclismo siciliano: i Ragonesi. Un cognome che, ad Acireale, significa passione, competenza e una tradizione che attraversa generazioni.
Il capofamiglia, Salvatore Ragonesi, meglio conosciuto come Turi Johnson, è un personaggio che non ha bisogno di presentazioni. Il soprannome deriva dai motori Johnson riparati dal padre, ma oggi identifica una delle figure più influenti del panorama motociclistico locale. Tecnico, pilota, preparatore: Turi negli anni ha lasciato un segno profondo, diventando riferimento per intere generazioni di appassionati.
Dagli inizi alla leggenda: la storia di Turi
La carriera di Turi nasce negli anni ’70, tra sacrifici, corse improvvisate e una passione irrefrenabile per i motori. «Sono partito da pazzo» racconta. «Lavoravo con mio padre, poi scappavo in officina ad aggiustare motorini. Dovevo mantenermi la benzina, e la passione faceva il resto.»
Tra i suoi ricordi, anche collaborazioni con piloti importanti: «Non per vantarmi, ma ho preparato moto per Lucchinelli e per il padre di Valentino Rossi.»
Il suo stile di guida? I racconti lo dipingono come temerario e istintivo: «C’è una leggenda che dice che non ho mai finito una gara perché rompevo il motore e finivo per terra.»
Una passione diventata impresa
Turi oggi guida una delle concessionarie Yamaha più importanti d’Italia. Qui lavorano anche i due figli, Manuela e Dario, che portano avanti la tradizione di famiglia, ognuno con un ruolo ben definito.
Manuela, settore commerciale
Responsabile vendite e amministrazione, è il primo volto che incontra chi entra in concessionaria. «Tutti chiedono di Turi Johnson» racconta. «Devi imparare a ritagliarti il tuo spazio. E nel frattempo gestisci clienti che mettono i caschi al contrario o tornano con la visiera piena di moscerini chiedendo se c’è un problema… fa parte del mestiere.»
Dario, capo officina
Dario ha seguito le orme tecniche del padre: «Lavorare con lui è un privilegio e allo stesso tempo una responsabilità. Mio padre è la vecchia scuola, io rappresento quella nuova: tecnologia, diagnosi elettroniche, strumenti moderni. Insieme formiamo un ingranaggio unico: la storia e il futuro della meccanica.»
Moto cinesi, mercato e consigli ai giovani
Il dialogo con la famiglia tocca anche temi attuali: l’evoluzione del mercato, le cilindrate, l’esplosione dei marchi cinesi.
Turi è diretto: «Le moto cinesi hanno fatto passi avanti, ma l’assistenza è un problema. I pezzi non arrivano, i concessionari non li ritirano. Tra due o tre anni capiremo l’impatto reale.»
Dario aggiunge: «I giovani oggi guardano solo la tecnologia: display, USB, CarPlay. Ma una moto è prima di tutto sostanza. Per andare sul sicuro, meglio puntare su un giapponese.»
Sull’ingresso dei ragazzi nel mondo delle due ruote, padre e figlio concordano: «La velocità viene dopo. Si inizia con i piedi per terra, con gradualità. E se vedo che un giovane non è pronto, io una moto non gliela vendo.»
Yamaha, Ducati e le motociclette come opere d’arte
Pur essendo legato a Yamaha, Turi guarda al passato con onestà: «La mia prima moto era una Ducati. Bellissima, ma all’epoca fusi sette motori in 3.200 km. Oggi Ducati è un marchio straordinario, allora era un’altra storia.»
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Il futuro secondo Turi
A figli e nipoti, Turi dà un consiglio semplice e potente:
«Piedi per terra, idee chiare e niente imitazioni. Andate avanti con la vostra testa, come ho fatto io.»
Manuela lo descrive così: «Competitivo, contagioso, sempre pronto a trasformare ogni moto in una sfida.»
Dario, più riflessivo, sorride: «Gli consiglierei solo di calmarsi un po’. Il sangue gli va troppo veloce… forse dovremmo togliergli qualche cilindro.»
Una famiglia che rappresenta un mondo
La storia dei Ragonesi è la storia di tante famiglie che hanno trasformato una passione in un mestiere e un mestiere in un’eredità.
Il loro racconto è un viaggio tra passato e presente, dove la tradizione incontra l’innovazione, e dove l’amore per la moto continua a scorrere come benzina nelle vene.
Un tributo genuino a ciò che rende il motociclismo più di uno sport: una cultura, una famiglia, una vita.
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