a cura di Peppe Pagano – articolo pubblicato sul magazine Mototurismo n° 195
Quante volte ci siamo chiesti cosa differenzia un moto turista da un “normale viaggiatore” ? Tutto, tanto o nulla. Ovviamente dipende dall’approccio personale al viaggio, è naturale che, chi sceglie di viaggiare in moto, ha già dentro di se uno spirito di avventura ben diverso da chi ricerca la comodità di un pulman, di un’autovettura o altro mezzo di locomozione.
L’esperienza della pioggia, del caldo sole d’estate o del freddo pungente diventano parte integrante di chi ama le due ruote. Personalmente ritengo che un motociclista dentro di se avverte di essere “un po’ diverso”, sa già, dentro il proprio animo, che quello che ricerca in un viaggio non è semplicemente la meta da raggiungere o la località da visitare quanto quell’insieme di esperienze e di emozioni che si aprono ad ogni nuova strada, ogni percorso diventa diverso e tutto ciò che ci circonda diviene parte integrante del viaggio, del nostro cammino alla ricerca di quel qualcosa che solo chi viaggia in moto riesce a comprendere fino in fondo.
Non è difficile, anzi, è quasi la normalità durante una breve sosta per rifocillarci o magari per fare benzina incrociare lo sguardo di ammirazione di chi ti chiede “dove sei diretto”, credo che la stessa cosa non avvenga con altri viaggiatori. Ma ciò che mi piace maggiormente è trovare chi ama raccontarci del proprio territorio, del proprio piccolo mondo che tanto amano e che sono convinti tutti devono conoscere.
Ricordo che diversi anni fa mi ritrovavo in provincia di Caltanissetta per uno dei miei soliti giri alla scoperta della mia terra, da buon siciliano ho sempre amato scorazzare per la nostra isola, quando, durante una sosta, mi sono ritrovato a chiacchierare col proprietario di un bar: “come mai in Moto?” e che domanda, avrei potuto rispondere come mai hai i capelli neri! Ma in certi casi è meglio cercare di far capire ciò che si sta facendo magari cercando di coinvolgere l’interlocutore nella propria avventura…. “Ti confesso che in moto riesco a vivere in maniera diversa la nostra Sicilia, le strade alternative senza traffico mi aiutano a trovare quella linfa, quell’aria pulita e quei ricordi legati ad ognuno di noi e poi…. Mi piace scoprire luoghi nuovi” ricordo ancora lo sguardo stupito del barman, il quale dopo qualche secondo di riflessione, guardandomi con l’aspetto chi vuol farti un interrogatorio mi dice: “sei stato al Castello di Mussomeli?” “Naturalmente si” gli ribatto e lui, senza perdersi d’animo e tirando un respiro a pieni polmoni , controbatte dicendomi “ di sicuro non hai conosciuto Pasquale! il custode del castello che racconta di essere in contatto col fantasma che il castello di Mussomeli racchiude”, questa è davvero bella pensai, in fondo in Sicilia si contano oltre duecento castelli e molti di essi come in tanti castelli sparsi per il mondo ci sono storie, leggende e tanti fantasmi che lasciano spazio a fantasie o credenze.
Il passo fù breve, pochi chilometri verso l’interno della Sicilia ed eccomi giunto al Castello di Mussomeli, che poderoso sulla sua rocca si scorge già lungo il percorso. Il Castello, fatto edificare intorno al 1364 da Manfredi II Chiaromonte sorge su uno sperone di roccia calcarea di circa 80 metri di altezza alla periferia dell’abitato di Mussomeli ed è un chiaro esempio di arte gotica per i tipici archi ogivali e le bifore che lo caratterizzano. La sua storia ha molti aspetti incredibili, ospitò nella fine del 1300 un poco conosciuto incontro tra i più importanti baroni siciliani riunitesi per resistere al dominio aragonese e creare una sorta di indipendenza siciliana e sfociato con la morte per decapitazione in piazza Marina a Palermo di Andrea Chiaramonte, cavaliere audace e coraggioso, che era divenuto signore del castello di Mussomeli. Tra i diversi signori che si nono succeduti al castello si annovera anche Cesare Lanza, meglio conosciuto come il padre della più famosa Baronessa di Carini la cui triste storia e leggenda si tramanda da secoli in Sicilia.
Al Castello cerco di Pasquale Messina, un uomo estremamente garbato che certamente non dà l’aspetto del millantatore o di chi possa raccontare delle frottole, anzi il suo modo di presentarsi induce l’interlocutore a dargli fiducia. L’incontro con Pasquale è molto cordiale, lui stesso si presta a titolo gratuito ad accompagnarmi all’interno del castello e comincia a raccontarmi della storia del castello, ma dentro di me c’era un solo scopo: desideravo tanto che mi parlasse del fantasma! Già, come chiederglielo? non è normale incontrare una persona e dirgli “mi parli del fantasma” mica sono Shelock Holmes, inviato in missione speciale da sua maestà britannica? Pensai tra me! Ma trovato il coraggio e sperando di trovare le parole giuste, rivolgendomi con tono abbastanza paco a Pasquale sussurrai: “ho sentito che lei….” Non riesco a completare la frase che Pasquale, dietro un leggero sorriso che si intravedeva attraverso i suoi baffi, mi dice “vuole che le parli di Guiscardo?”
Francamente mi aspettavo qualsiasi famoso personaggio che nel corso dei secoli era stato padrone e signore del castello, ma chi era questo Guiscardo? Comunque comincia da qui l’incredibile racconto di Pasquale: “Ricordo ancora con emozione la sera del 19 luglio del 1975 quando il fantasma mi apparve per la prima volta. Come ogni sera avevo accompagnato all’uscita gli ultimi visitatori del castello. Appena rientrato, mi sedetti su uno dei due sedili in pietra ancora intero della finestra bifora per riposarmi un poco. Fu proprio mentre stavo fumando una sigaretta che avvertii una folata di vento che vidi poi girare su se stessa. Fu di una freddezza marmorea prima e di un piacevole tepore poi, man mano che continuava a girare a circa un metro dalla mia persona.
Dapprima pensai si trattasse di qualche mulinello d’aria e feci il gesto di alzarmi ed andarmene ma proprio in quell’attimo sentii alle mia spalle una voce fioca, sottile e suasiva che diceva: aspetta, non te ne andare, non avere paura, io sono tuo amico..” Pasquale si ferma un attimo mi guarda quasi indispettito, in quanto aveva colto in me l’atteggiamento classico di chi non vuole credere. “ se vuole le racconto la mia verità lei è libero di credermi oppure no ma quanto dico è assolutamente vero” Sono molto imbarazzato, mi scuso con Pasquale e lo invito a continuare il suo racconto: “allora le dicevo, appena udita quella voce mi girai e vidi, sebbene avvolto da un mantello nero, l’aspetto di una persona aitante e vigorosa.
Aveva una lunga barba e lunghi capelli grigi, portava sulle spalle il cappuccio del mantello. Guardandolo attentamente nel volto molto bello e dai lineamenti delicati, notai che era giovane. Incuriosito gli chiesi chi fosse e lui mi disse: Il mio nome era Guiscardo de la Portes. Nacqui in Spagna nel 1370, ed ero l’unico figlio di un ricco mercante. Studiai in collegio dai frati a Madrid e poi frequentai la scuola di guerra. Conobbi molte persone e di una in particolare conservo un ricordo bellissimo anche perché fu la mia compagna di vita. Il nome della mia amata è Esmeralda. Era una donna bellissima ed io me ne innamorai subito.
Ci sposammo e portava in grembo il mio primo figlio quando un giorno del 1392, una comunicazione improvvisa del comandante di re Martino, ci informò di una prossima partenza per la Sicilia per sedare delle insurrezioni. Sbarcati in Sicilia, mi trasferii per un po’ di tempo a Palermo, dove rimasi per circa tre mesi. Proprio li, avendo sentito parlare della terra di Manfreda, come una terra ricca, senza pensarci su molto, mi avviai per quella via. Dopo un giorno di cammino e con il cavallo stanco quasi quanto me, vidi dei soldati che galoppavano verso di me. Spronai il cavallo all’interno del bosco con la speranza di riuscire a mettermi al sicuro.
Ma quando mi voltai per vedere se fossi riuscito a seminare gli inseguitori sentii i rami di un albero sbattere contro il mio torace e caddi a terra con dei dolori lancinanti in tutto il corpo: svenni. Non so quanto tempo passò prima di rinvenire. Mi risvegliai in un buio e freddo sotterraneo di questo castello che, prima di perdere i sensi, avevo visto ergersi maestosamente di fronte a me. Mi demoralizzai, mi abbandonai a me stesso e patii il freddo e la fame.
La gamba mi fece presto cancrena e capii che quei soldati dovevano essere agli ordini di don Martinez. L’uomo respinto dalla mia Esmeralda che aveva già giurato a me amore eterno. Sentivo le forze venire meno. Da buon cristiano avrei dovuto pregare. In un attimo di smarrimento, però, prima di morire imprecai contro Dio. All’improvviso avvertii di essere uscito dal mio corpo pur continuando a trovarmi nella stessa stanza. Dopo pochi istanti fui attirato dentro una lunga galleria buia dove sbucai in una vivida luce. Fui avvicinato da quattro spiriti vaganti, i quali mi riportarono indietro. Il Supremo mi aveva condannato a vagare per mille anni sulla terra per avere imprecato contro di Lui. Questa è la storia, parola per parola e col suo linguaggio raccontatami da Guiscardo”.
Ringraziai Pasquale Messina per il racconto e mi avviai verso l’uscita. Per la strada, sulla mia moto, pensavo a questo fantastico racconto, pensavo alla possibilità di poter attestare come vera questa storia, ma al momento ciò che era realmente vero si apriva dinnanzi a me, un meraviglioso tramonto sul monte Cammarata…. Quant’è bello viaggiare in moto!
Peppe Pagano – Motoexplora Tour Operator