Dopo qualche critica letta circa alcuni modelli di moto, per la mia mente ha iniziato a girare un’idea…
Proviamo, per un attimo, a fare dei ragionamenti che potrebbero sembrare un tantino azzardati: supponiamo, ad esempio, che ci piaccia la pasta alla carbonara, insomma ne siamo ghiotti e ogni qual volta ne mangiamo una ci sembra diversa, o per cottura o per i tanti motivi che ci possono passare per la testa, ecco, scommettiamo che, se ci soffermassimo, un poco a pensare ci verrebbe in mente quella li, di quella volta che, insomma, la nostra preferita di sempre.
Adesso, e con i dovuti distinguo e, non voglio di certo paragonare una carbonara ad una moto, proviamo a pensare tra le moto che abbiamo avuto qual è stata la migliore. Si, proprio quella che ci dava quel feeling giusto da poterla definire la moto di sempre. Naturalmente è un sentimento soggettivo, dettato da un sessantenne e non si tratta della solita prova su strada effettuata da chissà quale esperto, del resto, per giudicare la carbonara che ci piace di più mica chiediamo a Cannavacciuolo?
Già la mia moto di sempre: una BMW GS adv del 2006, con alle spalle oltre 350.000 km ed alla quale gli unici “lavori” effettuati, oltre una riverniciata, sono stati semplicemente la manutenzione ordinaria e… si, quello mi ha tradito, dopo 200.000 km il cardano. Questa è la mia moto, quella che terrò per sempre, l’invendibile, non potrei mai separarmene.
Sia prima di lei che dopo tante si sono succedute. Oggi, ad esempio, guido la nuova 1250 Gs adv ma, le emozioni, seppur con i dovuti distinguo, dettati dalla “modernità” del mezzo, non sono le stesse.
Diciassette anni di differenza sulla progettazione si fanno sentire e forse è proprio questo il mio problema… con la “vecchietta” tutto era diverso, non aveva nemmeno l’ABS, dovevo guidarla io, gestirne le frenate, le accelerazioni, c’era un approccio diverso, forse alla pari… si, alla pari tra un mezzo meccanico ed il suo pilota.
Adesso è diverso, ci sono momenti in cui mi sento quasi trasportato.
Ovviamente non parliamo di moto ancora più datate, laddove bisognava essere veramente un “gran manico” per gestirne le situazioni.
Andando di memoria, mi torna in mente il periodo in cui la facevano da padrona le 6 cilindri, pensate che la prima sei cilindri in linea fu la Benelli 750, presentata nel 1972, poi, sul finire degli anni Settanta sono apparse la Honda CBX bialbero a quattro valvole per cilindro, e la Kawasaki Z 1300, che disponeva di ben 120 CV. Quelle erano davvero moto difficili da gestire, ma quanta poesia c’era!
Oggi, invece, sembra tutto più facile, con potenze portate all’esasperazione, un’elettronica che, per capirci qualcosa, bisogna essere laureati in ingegneria aerospaziale e moto che, appena ci sali su, ti danno un feeling immediato.
In quest’ultimo periodo sono entrate, prepotentemente nel mercato, moto a basso prezzo anche se non dovrei utilizzare queste parole in quanto spendere mediamente 8.000 euro per una moto è sempre una spesa importante.
Il problema è che siamo tutti pronti a criticarle, ha pochi cavalli, manca l’elettronica, mancano le sospensioni attive, insomma manca quasi tutto… Anche se, in fondo, bastano due ruote per sognare lungo le strade del mondo.
Sapete che c’è? Personalmente sono un romanticone e rimango legato al mondo di mezzo, il mondo delle moto perfette meccanicamente e con poca elettronica, insomma come la carbonara, guanciale e uovo e non ditemi che ci vuole la panna!
Peppe Pagano – Motoexplora Team Leader