a cura di Mauro Tamagni
Ancora un po’ rintronato dal lungo viaggio che dal porto di Ancona mi ha portato a casa ad ora tardissima a bordo della mia grossa BMW, sto cercando di riordinare le sensazioni provate nel tour organizzato da MOTOEXPLORA cui io e mia moglie abbiamo partecipato.
Ogni paese suscita nella mente delle persone degli stereotipi e, malgrado avessi visto e soppesato le proposte del tour operator, mi restava comunque l’idea che la Grecia fosse tutto mare azzurrissimo costruzioni basse e bianche, antiche pietre e reperti storici dell’età ellenistica. Difficile fare una vera cronaca di un viaggio molto poco convenzionale che poco aveva a che vedere con le mete turistiche classiche e che, giorno dopo giorno ci ha fatto rivivere la storia tuffandoci in sensazioni simili ad oniriche dimensioni tra la fantasia ed il reale.
Avevo ricevuto, come tutti gli altri partecipanti al viaggio, i soliti inviti a presentarmi alla partenza da Ancona con la mente sgombra da ogni pensiero che non fosse quello di cercare di gustare a pieno tutto l’ebrezza di percorrere con il nostro mezzo preferito le strade del paese ellenico, ed infatti così feci quando il giorno 23 aprile mi presentai puntuale all’orario e al luogo stabilito per l’incontro.
Alcuni motociclisti erano già arrivati ed altri nel giro di poco si presentarono con i loro mezzi rombanti carichi e pieni di voglia di viaggiare.
Dopo i soliti convenevoli del caso, in gruppo ci recammo all’imbarco del traghetto che ci avrebbe portato a Igoumenitsa, mentre un noioso temporale ci accoglieva al porto.
Ecco, pensai, andiamo in Grecia che fu la patria degli Dei e Giove Pluvio ci accoglie imbronciato e di pessimo umore. Speriamo gli passi.
Fui ancora più preoccupato quando anche al porto greco fummo accolti dalla pioggia, ma l’emozione e l’entusiasmo erano troppo forti per spaventarci.
Fu quando il plotone si incamminò verso i cancelli di uscita che provai la strana sensazione che da motociclisti ci trasformassimo in Centauri, e non solo nel termine classico convenzionale che distingue i bikers, ma in veri e propri animali mitologici metà uomini e metà cavalli scatenati in un galoppo sfrenato per le storiche strade del paese Ellenico. Allo stesso tempo le nostre donne si trasformavano in ninfe generate dagli amori degli dei che, come vuole la tradizione classica, spesso accompagnavano i centauri.
Come un branco di cavalli ha un capo che guida il gruppo, anche il nostro tour-leader
(al secolo l’amico Beppe Pagano) si trasformò in Chirone, il mitico centauro precettore di Achille. Come le guide indiane che tracciavano la strada per la cavalleria americana, un altro centauro nativo del luogo, ci attendeva ai cancelli pronto ad accompagnarci in questa mitica avventura e con la benedizione di Giove, nel frattempo calmatosi, ci buttammo al galoppo verso sud costeggiando una fantastica costa su strade praticamente deserte.
La tradizione classica vuole che i Centauri fossero semidei dal carattere irascibile sempre pronto allo scontro e che fossero armati di arco e frecce o clava e che emettessero grida e versi agghiaccianti.
Armi non ne avevamo, ma il rumore che suscitavano sedici marmitte rombanti tutte assieme era un po’ come una carica di cavalleria lanciata all’attacco.
Verso sera arrivammo nelle stalle di Lepanto (in effetti era un Hotel a 5 stelle) e raggiungemmo la città che vide la coalizione guidata dalla Serenissima repubblica di Venezia sconfiggere l’impero Ottomano in una grandiosa battaglia navale il 7 ottobre 1571.
Dopo il salutare riposo notturno riprendemmo al trotto le vie greche fino a tuffarci completamente nella tradizione classica e ci recammo all’oracolo di Delfi per ulteriormente abbracciare quelle pietre che videro tanta storia.
Non era la prima volta che varcavo i cancelli di quei luoghi sacri, e anche questa volta mi parve di rivedere aggirarsi per quelle pietre sacerdoti in toga candida e guerrieri ricoperti da lucenti armature.
Io penso che le pietre parlino con la nostra mente e raccontino a chi le vuole ascoltare di saghe di eroi e di ideali immortali giunti fino a noi attraverso le storie di poeti e cantastorie, sta poi a noi avere la sensibilità di cogliere le immagini delle vicende passate.
Riprendemmo il galoppo per visitare il luogo eroico per eccellenza, dove adesso un poderoso complesso monumentale esalta la figura del re di Sparta Leonida martire per la libertà alle Termopili.
Da bravi centauri irriverenti verso tanta gloria facemmo come tutti le classiche foto di rito un po’ sguaiate ma sicuramente l’Olimpo ci avrà perdonato.
La bella Portaria col suo splendido panorama sulla città di Volos ci accolse per la notte, stanchi ma euforici per i mille tornanti che avevamo fatto per raggiungerla.
Un grandissimo platano cavo riuscì a contenerci tutti per una fotografia ricordo il mattino seguente prima di riprendere il nostro galoppo lungo le centinaia di curve e tornanti del monte Pelio, toccando splendidi panorami fatti di boschi, laghi, paesini caratteristici e severe montagne.
Un ponte levatoio aperto per l’entrata dei centauri e delle loro ninfe al seguito ci fece entrare in un accogliente castello nei pressi di Mantania per il meritato riposo notturno.
Le bizze di qualche nefasto diavoletto ci misero ancora alla prova facendoci trovare il mattino seguente le nostre cavalcature coperta da un gelido strato di ghiaccio, ma la sapiente guida di Chirone, sempre aiutato dal fido Ismaele più in veste di cane da pastore che da cavallo sciolto, ci portò al piccolo trotto al meraviglioso sito delle Meteore, splendidi monasteri Bizantini arroccati sulla punta di imponenti rocce a strapiombo sulla valle sottostante.
Fu veramente divertente vedere le nostre ninfe obbligate a vestire morigerate gonne lunghe fino ai piedi per permettere loro di visitare i sacri luoghi, poi di corsa riprendemmo il galoppo fino alla storica città di Naousa.
Eravamo in pieno nella settimana santa che precede la Pasqua ortodossa e utilizzammo il giorno seguente per far riposare gli zoccoli delle nostre cavalcature e prenderci un giorno di pausa dalle sfrenate galoppate lungo le bellissime e poco trafficate strade elleniche. Eravamo in Macedonia: la terra del più grande condottiero di tutti i tempi e del padre della filosofia occidentale. Difficile abbinare questi concetti assoluti alla situazione attuale, ma questi sono i cicli della storia e non possiamo che prenderne atto.
Utilizzammo la giornata di riposo per la visita a tre siti archeologici estremamente importanti legati alla grandezza di Alessandro Magno, a suo padre Filippo II e a quella di Aristotele.
Il primo sito che visitammo fu una splendida tomba macedone di un dignitario di Alessandro Magno. L’intraducibile nome in greco di questo nobile gli valse che lo chiamassimo Psicopompo e che malgrado la maestosità del sito archeologico scatenò, come prevedibile l’ilarità generale per la sua originalità.
Fu la volta poi del padre della filosofia occidentale moderna. – Poi ch’innalzai un poco più le ciglia,
– vidi ‘l maestro di color che sanno
– seder tra filosofica famiglia.
– Tutti lo miran, tutti onor li fanno Inferno canto IV 130-133
Così Dante presenta Aristotele nel Limbo dove riposano i saggi e i più grandi della storia nati prima della venuta di Gesù. Fu così che con un po’ di soggezione visitammo la scuola di Aristotele che formò Alessandro Magno per volere di suo padre Filippo II di cui vedemmo per ultimo, ma non per importanza, il sito archeologico, restando abbacinati da quanto materiale e di quale fattura fosse piena la sua ultima dimora terrena.
Per stemperare l’atmosfera forse un po’ troppo severa, il cuoco del nostro albergo ci fece colorare delle uova pasquali utilizzando dei coloranti per alimenti e dei fili di seta. Fu poi la volta di un dolce pasquale che dovevamo confezionare noi stessi creando una treccia con un impasto che lo chef stesso aveva preparato. A me, dato l’ambiente in cui eravamo e abbinando la treccia che può sembrare un nodo, venne subito in mente il Nodo Gordiano. Narra infatti la leggenda che Alessandro Magno durante la conquista della città di Gordio fosse invitato a sciogliere un nodo particolare di cui si diceva che chi avesse compiuto l’impresa avrebbe conquistato l’Asia intera. Il grande condottiero sguainò la spada e con un taglio netto tagliò il nodo. La storia confermò la profezia.
La corsa dei centauri ricominciò il giorno seguente alla scoperta della regione dell’Epiro tra saliscendi di montagne e laghi in una sorta di meraviglioso ambiente quasi incontaminato per raggiungere in serata la cittadina di Tsepelovo. Il ridente paesino fu la nostra base per tre giorni di escursioni alla scoperta del parco di Zagori con i sui ponti caratteristici ad arco, i suoi villaggi tra le montagne e maestosi kanion mozza-fiato.
Con curiosità e un po’ di deferenza seguimmo parte delle funzioni pasquali con il rito ortodosso anche se da bravi centauri sempre pronti allo scherzo e alla voglia di divertici non mancammo delle solite battute.
Venne il giorno del ritorno in patria. La nostra guida, che da bravo nativo non spiaccicava una parola d’italiano, con la sua oramai ben conosciuta maestria, condusse il nostro manipolo di centauri e ninfe fino alla città di Ioannina dove ci salutò per ripiombare nel suo ambiente naturale.
Tristi, ma soddisfatti delle galoppate per la bella Grecia del nord, Chirone ci guidò un po’ in ordine sparso verso il porto di Igoumenitsa.
Giove Pluvio ci salutò con un grande temporale forse per ricordarci che avevamo scorrazzato per le sue contrade senza un adeguato sacrificio, o solo forse perché anche lui era un po’ dispiaciuto di vederci ripartire.
Come per incanto sbarcati al porto di Ancona tornammo normali motociclisti. La favola era finita ma il ricordo di un bellissimo giro c’era rimasto per ricordarlo per sempre.
Mauro Tamagni